A trecento anni dalla sua morte, la figura del “genio universale” Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) continua ad affascinare non solo per la sua versatilità - fu infatti filosofo, matematico, fisico, glottologo, teologo, giurista, diplomatico, storico, inventore - ma soprattutto per le intuizioni visionarie e precorritrici come la logica simbolica, il calcolo binario e l’intelligenza artificiale, un modernissimo pensiero politico ed economico teso a “liberare” il tempo del lavoratore, l’instancabile attività di promotore ed organizzatore della cultura e del sapere scientifico attraverso la costruzione materiale di una rete sociale, di un social network. Nella sua epoca Leibniz diventò famosissimo ed influente grazie a questa rete che realizzò tramite un’enorme corrispondenza con 1100 partner in 14 diverse nazioni, viaggi incessanti per tutta Europa, la promozione di Accademie e Società. Dietro questa rete, e forse a causa del dispendio di energie per essa, Leibniz pubblicò pochissimo. E anche questo è un paradosso interessante e molto attuale. Il suo immenso lascito manoscritto rappresenta per gli studiosi una sfida e apre molti interrogativi, primo fra tutti: cosa significa “genio universale”?