Micrografia elettronica a scansione
di Staphylococcus aureus meticillino-resistente
(MRSA, marrone)
circondato da detriti cellulari.
L'MRSA resiste al trattamento con molti
antibiotici (Source: Wiki Commons)
Secondo i risultati di un sondaggio
condotto nel 2007 tra i lettori del “British Medical Journal”, in un’ipotetica
classifica delle principali scoperte in campo medico di tutti i tempi, gli
antibiotici si piazzano al secondo posto, preceduti soltanto dalla
sanificazione delle acque. L’importanza degli antibiotici nella storia è
facilmente comprensibile: ad esempio, la pandemia influenzale “spagnola” del
1918 ha fatto più morti della prima guerra mondiale, anche se, più che al virus
influenzale A(H1N1), il maggior numero dei decessi
sembra ascrivibile alle complicanze batteriche sovrimposte all’influenza, come
la polmonite da Staphylococcus aureus, allora incurabile perché eravamo
in era preantibiotica.
Da allora si è fatto degli
antibiotici un uso sempre più massiccio, tanto da risultare oggi la seconda
categoria di farmaci più prescritta dopo gli agenti attivi sul sistema
cardiovascolare. Il rischio è che di questi farmaci si faccia un uso scorretto
che ne vanifichi l’efficacia in termini di morbidità e mortalità (aumentata incidenza
di infezioni, soprattutto da batteri resistenti agli antibiotici, ed aumento
del numero delle morti ad esse dovute) e si produca un aumento dei costi
economici associati. Oggi si sente sempre più spesso la necessità di un
corretto impiego degli antibiotici, secondo i principi di una buona antimicrobial stewardship, allo scopo di limitarne l’abuso e
il misuso: dunque, non solo usarli quando è
veramente necessario senza abusarne, ma anche usarli in modo corretto, in
termini di scelta dell’antibiotico più opportuno (in base alle sue varie
caratteristiche) e in termini di dose (e di intervalli temporali tra le varie
dosi) più idonea.